martedì 16 maggio 2017

Pse, abbiamo un problema


Mario Lavia
L'Unità 15 maggio 2017
Le sconfitte dei partiti socialisti dopo le loro virate a sinistra
La terza sconfitta consecutiva dell’Spd di Martin Schulz ad elezioni regionali tedesche ha fatto scattare l’allarme in casa socialdemocratica. E’ evidente che dire, come ha fatto Schulz, “non sono un mago” e circoscrivere la portata della disfatta a fatto locale è veramente poco.
C’è qualcosa che non va, nei partiti socialisti europei. Non certo da ieri. Ma si pensava che, dopo il crollo dei socialisti olandesi, dei laburisti inglesi, dei socialisti francesi, la “nuova” Spd di Schulz potesse costituire una felice eccezione. E invece – altro che problemi locali! – da ieri i pronostici per le elezioni politiche tedesche del 24 settembre sono ormai decisamente a favore della signora Merkel.
Al massimo – e non sarebbe poco – Schulz può puntare a una nuova Grosse Koalition, con lui stesso ministro degli Esteri, se gli va bene: ma non è esattamente una grandissima prospettiva. Più probabile che la Cancelliera vinca da sola o on alleanza con i liberali, in forte crescita.
Cos’è che non va nei partiti socialisti? Perché non vengono percepiti come soggetti credibili per governare questa difficilissima crisi europea e mondiale?
Laburisti, socialisti francesi e anche l’Spd hanno virato a sinistra, nell’illusione di poter pescare – o riprendersi – consensi alla loro sinistra e persino di scalfire gruppi e partiti neo-populisti: ma i risultati, come si vede, sono più che deludenti.
E’ stato un calcolo sbagliato. Corbyn, Hamon e parzialmente perfino un europeista come Schulz – per non dire dei socialisti olandesi letteralmente spazzati via – hanno accentuato una ljnea – definiamola così – di protezione sociale ma senza darle credibilità. Hanno finito cioè col dare l’impressione di mettersi sulla scia del populismo di sinistra, ovviamente senza ricavarne alcunché ma anzi perdendo qualcosa al centro.
Nella frattura principale europeismo-populismo e secondaria sinistra-destra, i partiti socialisti europei paiono scegliere la scorciatoia della nostalgia di vecchie identità e l’avventura di tentazioni tendenzialmente estremistiche. In questa situazione, gli elettori hanno risposto scegliendo Emmanuel Macron e Angela Merkel: più affidabili, più credibili, più solidi nella risposta al populismo.
La lezione di Francia e Germania è dunque che il populismo non si batte inseguendolo. Il malessere sociale non si affronta con ricette vecchio stile ma con la credibilità delle riforme: e se Schulz fa passo indietro rispetto alle grandi riforme di Schroeder – lo nota  Marco Gervasoni sul Messaggero – sono guai. Non è così che recuperi alla tua sinistra: il fatto che Hamon non abbia recuperato un voto da Mélenchon insegna qualcosa.
Fra qualche settimana vedremo come andrà Corbyn contro al May: ma si parla già di disfatta. In Francia, il declino del Ps difficilmente potrà essere evitato alle legislative di giugno. Del match Spd-Cdu si è detto. Poi toccherà al Pd italiano, quando sarà.
Il partito di Renzi non è allineato sulle linea dei partiti socialisti europei. Non cede alla demagogia populista, neppure a quella venata di ultra-progressimo. Si fa argine esso stesso al populismo e alla demagogia delle destre italiane. Si vedrà. Alla fine del lungo girotondo elettorale europeo si tireranno le somme, e bisognerà ridiscutere tutto, di questo Pse.

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