giovedì 2 marzo 2017

L’inchiesta Consip finirà nel nulla ma Travaglio già sentenzia


Fabrizio Rondolino
L'Unità 2 marzo 2017
Il “metodo Travaglio” è già stato condannato dalla Corte di Strasburgo
Per commentare il Fatto di oggi, interamente dedicato a “babbo Renzi” in un crescendo di insinuazioni, allusioni, manipolazioni, è sufficiente ricordare una recentissima sentenza della Corte di Strasburgo – naturalmente ignorata dal Fatto e dunque ignota ai suoi lettori – che chiarisce oltre ogni ragionevole dubbio come funziona il “metodo Travaglio” e perché quel metodo costituisca un reato.
Nel 2008 e nel 2010 il Direttore di Bronzo fu condannato per aver diffamanto Cesare Previti in un articolo, pubblicato sull’Espresso nel 2002, che riportava soltanto una parte delle dichiarazioni del colonnello dei carabinieri Michele Riccio, “generando così nel lettore – scrive la Corte – l’impressione che il ‘signor P.’ fosse presente e coinvolto negli incontri riportati nell’articolo”. Spiega la Corte: “Come stabilito dai tribunali nazionali [Travaglio era già stato condannato in primo e in secondo grado, Ndr], tale allusione era essenzialmente fuorviante e confutata nel resto della dichiarazione non inclusa nell’articolo”.
E’ significativo che sia stato lo stesso Travaglio a ricorrere a Strasburgo rivendicando il diritto alla libertà d’espressione (non per caso è il Direttore di Bronzo): ma la libertà d’espressione, com’è noto a chiunque tranne che a Travaglio, non è libertà di diffamazione.
Prendere una frase a piacere, decontestualizzarla, omettere tutto ciò che contraddice la propria tesi e amplificare un frammento a scapito dell’insieme, così da costruire una “verità alternativa” – questa l’opinione dei giudici europei – non c’entra niente con la libertà di espressione, e anzi ne è in un certo senso il rovescio. In buona sostanza, è una bugia. E come tale va giustamente sanzionata.
Vedremo come andrà a finire l’inchiesta Consip nella parte che sembra coinvolgere Tiziano Renzi e Luca Lotti: con ogni probabilità, nel nulla. Il presunto reato (“traffico di influenze”) è a dir poco gassoso, prove non ce ne sono, le testimonianze sono frammentarie e contraddittorie, di pagamenti e tangenti non c’è la minima traccia. Ma per il Fatto non ci sono dubbi: “Tangenti a Consip e 30mila euro al mese promessi a babbo Renzi” è il titolone di prima pagina.
Siamo da capo: l’importante è sputtanare, distruggere la reputazione, attivare la macchinetta del fango. Fino alla prossima condanna – di Travaglio, naturalmente.

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