giovedì 11 agosto 2016

IL REFERENDUM NON E' UN GIOCO

Sandro Albini
10 agosto 2016
Gli inglesi alla domanda se stare dentro o fuori l'Europa hanno risposto "fuori". Lo stesso giorno Cameron si è dimesso, ma il giorno dopo si sono dimessi anche i leader vincitori. I più candidi hanno motivato: si, ci siamo esposti a sostegno del "fuori" ma convinti che avrebbero vinto i "dentro": se avessimo immaginato questo esito avremmo votato anche noi per il "dentro". Crisi di governo risolta in 48 ore senza tante sceneggiate anche perché ora si tratta di gestire un difficile risultato. L'uscita richiederà tempi lunghi e trattative complesse, ma intanto il mondo reale già si appresta a presentare il conto: previsioni di minore crescita economica e incremento della disoccupazione, rigurgiti separazionisti della Scozia e Irlanda del Nord, e così via. Tradotto: gli inglesi hanno "giocato" al referendum senza rendersi esattamente conto della posta in gioco. Quel che potrebbe accadere con il nostro referendum sulla modifica costituzionale. Le ragioni del SI sono molto chiare: superamento del bicameralismo, correzione alle storture nei rapporti tra Stato e Regioni, semplificazione del quadro politico, abolizione del CNEL. In combinata con la nuova legge elettorale: garanzia che chi vince le elezioni poi ha l'onore e l'onere di governare senza omertose mediazioni. Le ragioni di chi sostiene il NO sono diverse: la Lega semplifica al massimo: bisogna votare no per mandare a casa Renzi: non una parola sul merito. Lo stesso si propongono i 5 stelle con l'aggiunta (udite, udite): la riforma viene fatta per garantire l'immunità parlamentare ai consiglieri regionali che entreranno in Senato! Una idiozia. Forza Italia quel testo lo ha votato ma dopo la elezione di Mattarella ha deciso che non va più bene, senza dire cosa vorrebbe di diverso. L'approccio della sinistra Dem è in puro stile ricattatorio: si modifichi la legge elettorale e noi votiamo Si, altrimenti sarà no. Siccome li si concentrano "i benaltristi" vengono avanzate anche critiche di merito: si poteva scrivere meglio, alcuni istituti non sono chiari, si coarta il sistema democratico perché viene meno la rappresentatività e una minoranza può conquistare il Governo del Paese. Poi "l'intellighenzia" fatta di accademici, giornalisti di grido e "i migliori" per i quali non è accettabile che un Renzi qualsiasi tocchi la "carta costituzionale più bella del mondo". Fa niente se rende difficile governare il Paese al tempo della globalizzazione, ma quella è roba per gli ottimati. Fa niente se altri accademici sostengono che magari non è il più bel testo possibile ma migliora l'attuale quadro istituzionale senza evocare i foschi ipotetici scenari paventati. Ecco quindi l'ampio schieramento del no, apparentemente articolato ma con un unico obiettivo: chissenefrega delle riforme invocate per 30 anni, bisogna mandare a casa Renzi, poi si vedrà. Chi sostiene che Renzi debba restare al governo anche se vince il No è un ipocrita. Forse molti di costoro in privato si augurano che Renzi vinca e a loro rimanga l'epica dei reduci caduti eroicamente sul campo per la difesa dei sacri valori della Patria. Il livore nei confronti di coloro che si battono per il SI è emerso (è una cosa piccola ma significativa) in una trasmissione su RAI 1 stamattina alle 8. La conduttrice aveva a confronto Rosato per il SI e un interlocutore per il No: poiché quest'ultimo disponeva di scarse argomentazioni per contrastare la chiara e convincente esposizione di Rosato, in tutti i modi ha cercato di sviare il discorso con domande capziose sul ritardo nella fissazione della data e sulla necessità di modificare la legge elettorale. Rintuzzata, con perdite, ha letto messaggi dai social, ovviamente tutti contrari a Rosato e, dopo aver annunciato una successiva puntata per dare più spazio al No, ha introdotto la telefonata di un 5 stelle (non ne valeva neanche 2) il quale ha ripetuto il solito mantra. A proposito di "più bello del mondo" lo si diceva anche del campionato di calcio italiano prima di scoprire che era un po' marcio, tanto da invocare "lo straniero" (leggi i cinesi) per tentare di dare un po' di smalto. Scenari possibili: se vince il SI si andrà al confronto elettorale nel 2017 e la sera delle elezioni sapremo quale classe dirigente avrà l'onere di governare secondo il programma elettorale premiato dai cittadini. Il sistema economico - finanziario si sentirà rassicurato dalla prospettiva di un governo stabile e sarà possibile guardare al futuro con più fiducia. Non è democrazia questa? Non è quello che accade nei comuni, con buona pace di tutti? Le sindache di Roma e di Torino hanno legittimamente vinto con il consenso di poco più di 1/3 dei cittadini aventi diritto al voto; lo steso accade per la elezione del Presidente degli Stati Uniti. Se vince il No lo scenario è un sostanziale ritorno al proporzionale. Un nuovo governo (ammesso che ci si riesca - vedi Belgio senza da un anno e Spagna da 6 mesi) si costituirà nel chiuso di qualche stanza dove ci sarà spazio per commerci nobili e meno, al termine dei quali nessuno dei cittadini che ha sostenuto un programma elettorale si riconoscerà in quello di governo (come è accaduto negli ultimi 20 anni). In un quadro di incertezza il sistema economico inevitabilmente rallenterà e bloccherà qualsiasi investimento vanificando gli sforzi compiuti in questi ultimi 2 anni. Questa è la democrazia che abbiamo conosciuto e l'assetto istituzionale attuale, da tutti ritenuto superato invocando il cambiamento. Ora basta un SI per renderlo operativo avviando una stagione nuova. Il ritorno al passato serve solo a coloro i quali, guardando il loro ombelico, credono di vedere il mondo.

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