sabato 27 dicembre 2014

Quel segnale di Renzi alla minoranza.


Corriere della Sera 27/12/14
corriere.it
L’avevano dipinta come la tassa che Matteo Renzi doveva pagare all’Europa. Poi avevano spiegato che era l’osso che doveva mollare al Nuovo centrodestra per una pacifica coesistenza dentro il governo. Alla fine, non si è rivelata vera né l’una né l’altra versione dei fatti, e il premier si è mostrato come il deus ex machina che non si fa imporre la linea dall’Europa o dall’alleato minore.

Di più, dopo aver sconfitto l’oltranzismo della Cgil, che era ciò che più gli premeva, il presidente del Consiglio è andato incontro alle richieste della parte dialogante della «sua» minoranza interna, di quella minoranza, cioè, su cui fa affidamento quando, nel segreto dell’urna, si tratterà di votare il capo della Stato. Insomma, dicendo di «sì» al capogruppo Roberto Speranza e al presidente della Commissione Lavoro di Montecitorio Cesare Damiano, che gli chiedevano di abbandonare la linea dura di Sacconi e degli altri Ncd, Renzi ha scavato un altro profondo solco nella minoranza del Partito democratico, isolando ulteriormente i Fassina e i Cuperlo, ossia coloro i quali — il premier ne è convinto — gli daranno comunque del filo da torcere nelle votazioni presidenziali. Di più: ha allargato il divario già esistente tra la Cisl, che ha lavorato a favore della soluzione finale raggiunta sui decreti del Jobs Act e la Cgil, che con Camusso, per dirla con le parole del premier, «ha deciso di adottare una linea di opposizione politica a questo governo».

Ma giungere a questo risultato non è stato semplice. Il 23 dicembre, fino a tarda notte, sul campo da gioco, Renzi si è presentato, come sempre in questi casi, con due posizioni. Quella più «oltranzista» di Filippo Taddei e quella più aperturista del ministro Poletti. Questo per vedere fin dove si poteva tirare la corda. Nell’altra metà campo, in tandem, Damiano e Speranza. Il primo a spiegare a Taddei e Poletti, prima, e al ministro Boschi, poi, che mettere nei decreti l’ opting out e la possibilità di licenziamento per scarso rendimento sarebbe stato «un eccesso di delega non rispettoso del Parlamento».

La partita è arrivata ai supplementari il 24 dicembre mattina. Sul campo da gioco Speranza non si è risparmiato. Ha spiegato al premier quello che avrebbe significato mettere l’ opting out nei decreti, come chiedeva il Nuovo centrodestra: «Vorrebbe dire negare l’accordo raggiunto nella Direzione del Pd e anche quello votato dal Parlamento. Così sarebbe come infliggere uno schiaffo a quelli del partito che sono rimasti nell’aula di Montecitorio votando quell’intesa e dare ragione a chi invece è uscito dall’aula». Tanto per intendersi, ai vari Cuperlo, Fassina, etc.

È un ragionamento, questo, che ha lasciato tutt’altro che insensibile un politico abile come Renzi. Il quale, poi, si è maggiormente convinto di quella posizione, quando ha visto che nelle ultime ore anche la Cisl premeva in quella stessa direzione. Non solo, pure il più alto Colle, sempre attento al rispetto delle decisioni del Parlamento, era stato coinvolto. E l’eco del discorso fatto sia da Damiano che da Speranza sull’«eccesso di delega» era giunto sino al Quirinale.

Il premier è noto per la rapidità delle decisioni che, alle volte, sorprendono anche i suoi più stretti collaboratori. Questa volta hanno sorpreso gli alleati del Ncd. «Si arrabbieranno, ma una crisi di governo, minacce a parte, non è all’ordine del giorno», ha rassicurato il premier spiegando ai fedelissimi la decisione di lasciare Alfano e il suo partito a bocca asciutta. Anzi, le critiche di Sacconi e De Girolamo ai decreti riveduti e corretti gli hanno fatto gioco: «A me vanno anche bene queste polemiche».

Perché, ancora una volta dimostrano, che, alla fine della festa, è il premier a dire l’ultima parola sui provvedimenti varati dal Consiglio dei ministri. Tanto il Nuovo centrodestra, sostengono i renziani, per paura delle elezioni, non giocherà mai brutti scherzi. Nemmeno al momento di eleggere il successore di Napolitano

Nessun commento:

Posta un commento